venerdì 9 giugno 2017

MILLENNIALS E SIMON SINEK

SIMON SINEK

Ci vedono come la generazione dei nullafacenti, coloro che non sanno immettersi nel mondo del lavoro, che non saranno mai capaci di apprendere insegnamenti al di fuori del mondo telematico. Siamo i millennials,  così ci descrive il mondo, e questo è il pensiero di Simon Sinek:


pokemon-1553971_1920.jpgLa sua teoria si articola in 4 diverse realtà: genitori, tecnologia, impazienza e ambiente.

La tecnologia, che oggi caratterizza e monopolizza la nostra generazione, è vista da lui come uno degli aspetti negativi in noi: l'uso smodato del cellulare(e degli apparati tecnologici in generale) è secondo lui uno dei problemi di fondo. Limita le relazioni con gli altri, crea dipendenza e ci ostacola nel vivere la vita, troppo incentrata in un oggetto che ci distacca dalla realtà. La verità è che fondamentalmente questa cosa è vera, siamo dipendenti, siamo rinchiusi in noi stessi per colpa della tecnologia, più affacciati al mondo virtuale che a quello reale; ma è altrettanto vero che non sempre è un uso smodato e senza fini: molteplici vantaggi nascono dal fatto che esso può essere usato a fini culturali (il web è immenso, ed estremamente acculturato), a fini relazionali (organizzare momenti in compagnia) e può risolvere problemi a cui non riusciamo a trovare soluzioni.
È un’arma a doppio taglio: estremamente utile dal lato informativo, ma estremamente dannoso dal lato sociale.

I ragazzi di oggi secondo Sinek sono troppo impazienti: non hanno voglia di raggiungere un obiettivo spendendo tempo e impegnandosi, ricorrendo così a scorciatoie che non ci formano in modo positivo ma ne sottolineano la pigrizia e la poca voglia di fare.
Noi siamo quelli della “consegna in un giorno”, che si fanno portare tutto a casa: tutto a portata di un click, controllato in remoto, senza spostarsi dal divano.
E in fin dei conti è vero, stiamo usando la tecnologia come mezzo per risparmiarci la fatica di un viaggio in più. Non siamo noi come generazione, ma l’intero mondo si è impigrito con l’evoluzione del commercio online.

Sinek vede un’organizzazione familiare precaria, sempre dalla parte dei figli, sempre troppo protetti. Afferma che i ragazzi non si interessano del loro futuro, pensano che tutto gli sia dovuto e non sono in grado di assumersi le proprie responsabilità. Anche i genitori hanno contribuito a dare una sbagliata visione della realtà ai propri figli e per questo sono sempre propensi a difenderli anche se hanno sbagliato. Aiutandoli sempre in ogni ambito questi si sentono protetti e non riusciranno mai a diventare responsabili e autoritari nelle loro azioni. Ed è vero, molti di noi sono viziati dai genitori, ma non vale per tutti. Noi in particolare non ci sentiamo partecipi della tesi di Sinek, riteniamo che le più viziate siano le generazioni più giovani di noi.

Secondo Simon noi millennials non siamo preposti al mondo del lavoro poiché non sappiamo adattarci alle difficoltà che ci pone la società .
I millennials sono descritti come coloro che cambieranno più lavori nell’arco della vita, che saranno in difficoltà  in quanto non hanno una base di preparazione adeguata; cercano fondamentalmente un luogo di lavoro che sia un trampolino di lancio o un’opportunità di crescita, ma queste realtà sono pressoché limitate.

In conclusione, dal nostro punto di vista, queste teorie sono troppo generalizzate, con i “millenials” si raggruppa una categoria di giovani troppo ampia (giovani dagli anni ‘80 agli anni 2000), ovvero si raggruppano varie generazioni di diversa annata sociale, e non è possibile giudicare una categoria tanto diversa quanto grande. Non si può decretare chi ha ragione o chi ha torto, tutti hanno ragione e tutti hanno torto, ognuno nel suo pensiero ha un’idea diversa di come siamo, e di come saremo.

FATTI DI ATTUALITA': ETICA O OBBLIGO?



ASSICURARSI: ETICA O OBBLIGO?

Guidare un mezzo senza assicurazione è già da molto tempo, purtroppo, un’abitudine che sta prendendo piede. L’ultimo eclatante esempio risale al 7 maggio 2017 quando “una donna livornese di 47 anni è stata “sgamata” dai vigili urbani senza assicurazione, senza revisione e senza carta di circolazione del motorino. Trasportava inoltre il figlio di 2 anni in piedi sulla pedana tra lei e il manubrio. Dopo essere stata tempestivamente fermata è stata pesantemente multata dai vigili.” (Il Tirreno edizione di Livorno, 7 maggio 2017)
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Mettendo da parte il rischio che hanno corso e l’accaduto in sé, concentriamoci invece sul fatto che nel 2014 l’8,7% delle auto in Italia non era assicurato e oggi questo dato è aumentato al 13%(auto.it 22 maggio 2017).

L’assicurazione è ormai da tempo obbligatoria per legge, ma è solo un obbligo o un etica?
Se ci pensiamo l’assicurazione auto non è un vero e proprio obbligo. Infatti permette innanzitutto di tutelare se stessi da improvvise ed enormi spese,  a meno che tu non sia il vecchio Bill, e soprattutto tutelare il prossimo, che in caso di incidente ha la sicurezza di essere risarcito economicamente per i danni subiti.
Nel caso contrario anche lui o è uno zio paperone o può avere qualche problemino a sistemare i danni.
In sostanza assicurarsi è  più un fatto di etica che non un obbligo perché è un gesto di accortezza nei confronti del prossimo a cui posso recare danno.

Perciò meglio rovinarsi o essere protetti?

CULTURA GENERALE: CHI RISCHIA VA PREMIATO

CHI RISCHIA VA PREMIATO

Parte tutto molto tempo fa. Medioevo. I commercianti, alle prese con la navigazione e alla scoperta di nuove terre,  inventano quella che noi oggi chiamiamo “Assicurazione”.  Ma da dove viene uno dei termini più importanti di questo ambito?

Sto parlando del termine “premio” il cui significato attuale non ha a che vedere con l’assicurazione. Ma facciamo qualche passo indietro e vediamo il contesto da cui deriva.
Le prime forme assicurative hanno origine nelle città marittime italiane quando i piccoli commercianti mettevano a rischio la propria merce a causa dei pirati e delle confische in terra straniera. Per tutelarsi, l’assicurato, ovvero il mercante, si recava presso l’ assicuratore, il quale “scommetteva” sul fatto che un  evento dannoso non avrebbe colpito l'assicurato: se il mercante avesse fatto ritorno senza che nulla accaddesse, l’assicuratore avrebbe vinto la scommessa e quindi incassato il premio; al contrario, se nel tragitto fosse successo qualcosa, la scommessa sarebbe stata vinta dall’assicurato.
Di conseguenza, come avrete già capito, il “premio” è quella somma di denaro che incassa l’assicuratore per essersi assunto il rischio della scommessa.
Anche oggi, ogni volta che si stipula un qualsiasi contratto assicurativo, si sta scommettendo che l’evento scongiurato dal contraente non avverrà mai. E chi si assume un rischio va premiato!

E tu? Avresti mai pensato che fosse partito tutto da loro? Hai mai rischiato così tanto?
Io si: un piccolo rischio l’ho corso semplicemente accettando di partecipare a questo progetto, non sapendo a che cosa stavo andando in contro: nuovi compagni, nuove esperienze che ci hanno messo in discussione e, a volte, imbarazzati, come quella volta in cui abbiamo dovuto parlare di fronte ad una telecamera!
Però so che un giorno sarò premiata per tutto ciò!